YOSHIKI
A FIRENZE Un ponte verso la speranza Articolo di Patrizia Beatini
English version >>> A Firenze il caldo pomeriggio di metà ottobre rincuora, pare quasi che voglia prolungare il ricordo dei giorni di fine estate, per creare accoglienza a qualcuno che arriva.
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Parto con largo anticipo, riempio lo zaino: macchina fotografica e cellulare, le domande, il biglietto e il pass, li ho presi entrambi, non si sa mai. Ho messo i pantaloni di pelle e la giacca stile gothic, mi sembra di essere tornata a tre anni fa a Parigi, stesso stato d’animo.
Ho sempre pensato che la musica possedesse il dono di estraniare dal quotidiano, che permettesse di entrare in dimensioni verso le quali quasi tutti hanno accesso, basta saper ascoltare. Affretto il passo e sento il cuore nella gola. Se perdessi quei soli 5 minuti che ho! Cosa sono 5 minuti infondo? E se l’emozione prendesse il sopravvento e non riuscissi a dir nulla? Oggi mi sento come un adolescente, la stessa sfrontatezza di allora, nonostante a volte un po’ di timidezza, ma sono combattiva fino all’estremo, quando so cosa voglio. Entro nella hall del Four Seasons che ha una bellezza da mozzare il fiato, situato nel Palazzo della Gherardesca, è forse ad oggi l’albergo più cool di Firenze. È ancora presto, mi presento al personale del Festival Dei Popoli, cordialissimo, parlo con molte persone, giornalisti, cerco di ammorbidire lo stress dell’attesa. E tra una pausa e l’altra penso che lui è là dentro, seduto in uno dei salottini dell’hotel e che sto per incontrarlo, seppur per soli cinque minuti; penso che finalmente gli potrò parlare, poche domande per la rivista, ma avrò modo di osservarlo da vicino e di ascoltare tutto ciò che riuscirò a percepire dal suo essere. E penso anche che probabilmente sia per lui una tale routine incontrare persone che non ci farà neanche caso. Sto parlando della la rock star Yoshiki, ma soprattutto dell’enigmatico Leader del gruppo rock più famoso di tutta la storia del Giappone: gli X JAPAN. Sta girando l’Europa ed è per la prima volta in Italia, per presentare al Cinema Teatro della Compagnia di Firenze la Premiere di WE ARE X il primo film documentario sulla straordinaria storia di questa leggendaria band, dai produttori del premio Oscar Searching for Sugar man. Il regista è Stephen Kijak, esperto in biografie di grandi musicisti: Stones, Scott Walke. Dichiara di essere rimasto affascinato dalla storia profondamente complessa che si nascondeva dietro il gruppo e dopo le lunghe interviste con Yoshiki spera di essere riuscito a realizzare un film capace di arrivare anche al cuore delle persone che non conoscevano la band. Formatisi nel 1982, gli X JAPAN hanno venduto più di 30 milioni di dischi, passando da una metamorfosi glam/punk/ rock, pionieri del movimento culturale rock giapponese “Visual-Kei”. Hanno inoltre riempito lo stadio giapponese Tokyo Dome con 55.000 posti per il record di 18 volte fino ad ora. Durante il periodo di 13 anni hanno prodotto cinque album in studio, 6 live album e 10 best hit album. A causa di un problema con il cantante, nel 1997 il gruppo si sciolse. Pochi mesi dopo circolò la notizia della morte accidentale nel suo appartamento di Hide, il primo chitarrista della band e la tragedia fu tale che i fan provennero al suo funerale in massa creando problemi e la polizia dovette intervenire.. Yoshiki rimase profondamente scosso, per la forte amicizia e complicità che li legava, inoltre per aver già vissuto all’età di 10 anni il trauma del suicidio del padre, di cui trovò il corpo tornando a casa. Solo nel 2007 Yoshiki e il cantante Toshi ripresero i contatti e riformarono la band. Dal 2008 in poi si sono riesibiti in tour con concerti quasi sempre sold-out in varie parti del mondo, tra cui i più importanti, per due serate consecutive allo stadio del Giappone Nissan che ha ben 140.000 posti e nel 2014 in un colossale spettacolo dal vivo al famoso Madison Square Garden di New York. Vantano inoltre di ammiratori di un certo calibro, come Sir George Martin (ex produttore dei Beatles), arrangiatore e coproduttore di un album classico registrato da Yoshiki, i Kiss, Stan Lee, che ha creato Blood Red Dragon, un Supereroe che vede Yoshiki come protagonista e l’Imperatore del Giappone, che nel 1999, per celebrare il ventesimo anno del suo regno onorò Yoshiki con la sua richiesta di comporre un concerto per pianoforte, che lui eseguì insieme ad una grande orchestra. Gli X JAPAN sono attualmente 5 membri: Yoshiki batteria e piano, Toshi voce, Pata chitarra, Heath basso e Sugizo chitarra e violino. È difficile tracciare in un articolo il percorso così particolarmente tormentato che negli anni ha vissuto questa band, una storia unica nel suo genere, da sembrare quasi romanzata, invece assolutamente vera. E ancor più complesso è parlare del suo Leader, Yoshiki, questo straordinario artista che nasconde molti segreti. Incredibile è la sua immensa potenzialità creativa. Una mente geniale in continua espansione. Mette tutto se stesso in ogni cosa che ama, come se la stesse facendo per l’ultima volta. Capace di far sognare con le sue melodie classiche al piano, alternate da vere e proprie esplosioni di rock intenso e passionale quando è alla batteria. Carico di una considerevole emotività che arriva fino al pubblico, Yoshiki riesce ad attirare a sé una grande massa di fan in tutto il mondo, ripagandone le conseguenze tra esaurimenti e svenimenti dovuti alla sua iperattività, oltre alle problematiche costanti legate alla schiena, collo e braccia; è infatti reduce da pochi mesi da un delicato intervento chirurgico al collo. Nella ricca biografia di questo artista, oltre a quelle già citate, molte altre sono le esperienze di un certo rilievo: In occasione della cerimonia di apertura dell’Expo 2005, ne ha composto il brano. Nel 2012 gli viene proposto di comporre il tema ufficiale per i Golden Globes. Nel 2014, ha portato in 10 diversi paesi la prima parte del suo Yoshiki Classical World Tour, con un’eccellente orchestra di sole donne. Ma oltre alla musica si occupa di molto altro, tra cui un prodotto a cui è stato dato il nome di una persona: Yoshikitty, ha creato e gestisce una collezione di kimono ispirati al mondo del rock, disegna gioielli, ha una piattaforma video giapponese, lo Yoshiki Channel, inoltre ha lanciato un’organizzazione no-profit, la Yoshiki Foundation America, dove sostiene numerose realtà tra cui le vittime del terremoto giapponese. Nel 2016 ha ricevuto anche una richiesta dal governo giapponese per diventare un consulente e poter gestire un centro per la promozione culturale. Insomma un grande vulcano in eruzione e una vera fonte di ispirazione per molti. Sono ormai trascorse quasi due ore da quando sono entrata nella hall dell’albergo, lui è arrivato in ritardo, quindi c’è stato uno scivolo d’orario, che probabilmente è servito un po’ a tranquillizzarmi, mi sono preparata e ho addosso una specie di falsa calma. La ragazza che si occupa di far salire i giornalisti nella sua stanza mi viene incontro, chiama me ed un’altra coppia di persone, dicendoci che possiamo seguirla al primo piano. Tiro un sospiro di sollievo, ci siamo quasi. Prima entra la coppia, io resto in attesa, è molto tardi e immagino che lui sia stanco. Mi sento come se fossi entrata in una dimensione diversa, dove tutto sembra possibile. Suppongo sia a causa dell’adrenalina che ho in circolo già da un po’. La coppia sta per uscire, riesco a intravedere la scena da un vetrage nella stanza, le persone si scambiano i saluti finali e poi vedo lui, in piedi, di profilo è molto vicino a me, c’è solo la finestra che ci divide e pochi gradini e all’improvviso sento il cuore battere fortissimo, penso che devo calmarmi o non riuscirò a parlare. Poi i due escono e la ragazza mi fa cenno di entrare e mi presenta. Salgo la piccola rampa di scale ed entro nella stanza. Lui è in piedi di fronte a me e mi sorride, io gli vado incontro salutandolo e chiedendogli come sta. Sembra piacevolmente sorpreso dalla mia domanda e mi rassicura che va tutto bene poi si siede su un divano ed io di fronte a lui. Il salottino non è grande, ha una luce soffusa, proveniente da due abatjour, che rendono l’ambiente intimo, rilassante. C’è un tavolino tra me e lui, dove appoggio il registratore. Ora, malgrado l’emozione, ho modo di osservarlo meglio. Porta gli occhiali scuri, nonostante la penombra nella stanza. È molto magro, indossa pantaloni di pelle neri e una giacca scura con una maglietta. Al collo porta una collana con una croce, uno dei suoi gioielli. Ha un’aria calma, gentile. Il carisma che emana è incredibile, pare davvero una creatura uscita dal libro di Bram Stoker o da un film di Tim Burton. Mi presento e gli dico che gli farò qualche domanda per l’articolo che dovrò scrivere per la rivista. Ma sono anche talmente curiosa di sapere se ancora possiede il regalo che tre anni fa gli consegnai sul palco durante la data a Parigi del suo tour classico. Si trattava di un paio di bacchette per la batteria dipinte a mano da un’amica, con il simbolo del drago rosso, (Blood Red Dragon) era veramente un pensiero singolare, pertanto gli mostro subito il foglio di carta dove in una metà ho ristampato l’immagine delle bacchette e dall’altra una breve poesia che avevo scritto per lui. Gli chiedo se per caso si ricorda di quel regalo. Resto stupita alla vista del suo immediato annuire con la testa, mi dice che si ricorda, che ce l’ha ancora, e la mia contentezza raggiunge l’apice. Gli lascio il foglio, consigliandolo di leggere la poesia. Poi parto con le domande, poche, purtroppo… Qual è il vero Yoshiki? gli chiedo. Forse quello che riesce a comporre dei pezzi meravigliosi come Miracle o Without you, dove si percepisce chiaramente una profonda connessione con sua interiorità, o l’altro, quello sempre molto attento al look ed attratto dall’esteriorità? Due aspetti in assoluta contraddizione. Mi risponde con grande calma e umiltà, la voce è bassa, a tratti sensuale. “In entrambi i casi sono il vero Yoshiki”, dichiara. “Ho sempre avuto due lati molto diversi, che si percepiscono bene quando sono al piano e alla batteria. Posso essere dolcissimo oppure aggressivo; questi due aspetti li vivo agli estremi”. Pertanto mi fa capire che la stessa contraddizione la si può attribuire anche alla sua dualità sul piano spirituale e materiale. Nella seconda domanda gli chiedo: come ci si sente a fare una vita da rock star? Ti capita mai di avvertire il bisogno di vivere come una persona qualunque, facendo cose semplici? Lui risponde solo in parte. “Lavoro duramente, soprattutto nei periodi come questo, in cui devo fare la promozione del film, però mi piace anche molto bere del buon vino”, dice sorridendo. Io gli ricordo che si trova in Toscana, la terra del Chianti. “I’m ready” afferma prontamente, divertito. Purtroppo il tempo rimasto a mia disposizione è poco, pertanto scelgo di impiegarlo in un selfie con lui. Acconsente, quindi mi alzo per andare a sedermi accanto a lui. Mi fa uno strano effetto averlo così vicino, una bella sensazione, sembro tornata adolescente, così afferro il cellulare e cerco di inquadrarci in una posa carina, ma mi accorgo che l’immagine è disturbata da ombre e riflessi. Il suo fotografo personale ci viene in aiuto apportando della luce e scattando delle foto, senz’altro illumina i miei selfie, forse anche troppo, ma non importa. La ragazza mi fa capire che il mio slot di tempo è terminato, ma prima di alzarmi mi viene istintivamente la voglia di dargli un bacio, così glielo chiedo e prima che possa rispondere gli appoggio delicatamente le labbra sulla guancia, con lo stupore di tutti nella stanza. Lui si lascia baciare e sorride, poi mi accorgo di avergli lasciato una evidente impronta del rossetto, allora sorrido anch’io e con qualche leggera carezza con la mano provvedo a cancellarne la traccia. Ha una pelle bellissima, sembra molto più giovane della sua età. Lo vedo piacevolmente sorpreso, credo non si aspettasse quel mio gesto. Prima di andare via mi chiedono di fare l’ultima foto insieme, in piedi, con gli avambracci incrociati; il famigerato saluto degli X JAPAN. Accetto. Poi nel salutarlo lo ringrazio e gli dico che più tardi assisterò alla premiere del film. Lui annuisce. Mentre scendo le scale penso che sono molto contenta di come in fin dei conti me la sono cavata, nonostante la tensione. Lascio l’hotel e appena sono in strada l’aria fresca mi rigenera; prendo un lungo respiro che mi rilassa i muscoli del collo. Mangio un panino al volo e mi dirigo a piedi verso il Teatro della compagnia, dove tra meno di un’ora ci sarà la proiezione del film documentario WE ARE X . So che Yoshiki alla fine del film sarà presente in sala per una questions & answers con il pubblico. Entro nel corridoio, ci sono già parecchie persone ad aspettare, tra loro vedo alcuni giovani fan degli X Japan, qualcuno con abiti e trucco appariscente e molti omaggi floreali, ma tutto sommato un pubblico piuttosto disciplinato. Non appena le porte della sala si aprono ci prepariamo ad entrare e a prendere i posti. Io mi siedo su una poltroncina della prima galleria, so che è il luogo migliore per vedere il film. Mi sento tranquilla, ho già vissuto la parte più impegnativa della serata. Scambio qualche parola con una ragazza accanto a me, anche lei fan del gruppo. La sala è al completo, poi si spengono le luci e tutto ha inizio. Nel buio le immagini sono molto evocative, teatrali, vediamo le sequenze più importanti dei concerti degli X Japan in giro per il mondo, dagli esordi, con il look glamour estremo, i capelli coloratissimi, il trucco pesante, a quelle dei concerti più recenti, sempre idolatrati e circondati da migliaia di fan. Il suo leader è passionale sul palco, non si risparmia mai, dando sempre il massimo sia al piano che alla batteria, facendo assistere il pubblico ai suoi contorcimenti a terra, a causa della mancanza di ossigeno. Riviviamo l’intensità del dolore di Yoshiki che si mostra in diversi momenti intimi della sua vita, dal racconto del suicidio del padre e dei suoi tentati suicidi alla perdita del chitarrista e amico Hide, con lo strazio dei fan e a quella del bassista Tahiji. Toccante è la sua commozione nel raccontarsi al giornalista. La voce bassa, leggermente afona, arriva dritta al cuore, carica di una sofferenza che non ci ha mai nascosto. Molti sono gli artisti che nel documentario parlano degli X Japan, tra cui Stan Lee, Marylin Manson e Gene Simmons dei Kiss, il quale afferma che se fossero nati in America sarebbero stati la band più famosa al mondo. La colonna sonora, composta da quelli che sono i brani più celebri della band, scorre non troppo in evidenza, scelta voluta dal regista, e a mio avviso ben riuscita, per apportare maggior rilevanza alle immagini. Un documentario partorito con dolore, poiché da anni Yoshiki aveva ricevuto la richiesta di portare sul grande schermo la straordinaria e drammatica storia della sua leggendaria band, ma si era sempre sottratto, proprio per la sofferenza che sarebbe scaturita in tutti i membri del gruppo alla vista delle scene, ma poi ha ceduto, regalandoci questa perla unica che è stata accolta con grande calore dal pubblico. Alla fine del film dopo una breve introduzione e l’intervento di uno dei produttori viene chiamato sul palco Yoshiki e solo allora l’applauso diventa immenso. Due moderatori e traduttori della serata lo invitano a sedersi. I fan sono molto accoglienti e disciplinati. Io lascio le gradinate e vado a sedermi in prossimità del palco per poter scattare qualche foto. Sono felice di averlo di nuovo vicino, lo osservo bene e a parte il suo impeccabile look lo trovo un po’ stanco, ha fatto molte interviste, infatti per un paio di volte perde il filo del discorso e non si ricorda una domanda, ma penso che stia facendo miracoli, visto il suo stato fisico ancora precario. Dopo una breve presentazione, gli vengono poste alcune domande dal moderatore, prima di passare a quelle del pubblico. Si parla della sua collaborazione con il regista Kijak nella realizzazione del film e di come quest’esperienza sia stata per tutti dolorosa ma anche terapeutica. Gli viene chiesto quanto per lui sia importante esprimersi attraverso la musica e si fa cenno al lungo assolo di pianoforte nella parte centrale del brano Art of life. Yoshiki descrive il momento della sua composizione come “molto preciso e scrupoloso, ma poi c’è anche spazio per l’improvvisazione”, dichiara. I due lati opposti e così estremi della sua personalità come dicevamo possiamo ritrovarli anche nell’alternanza di quelle note violente e poi dolcissime delle sue composizioni, quasi volessero rappresentare un ponte tra la sofferenza e la speranza. E un altro ponte ammette di averlo quasi abbattuto, musicalmente, cioè quello della barriera culturale tra oriente e occidente, il sogno degli amici Hide e Tahiji che non sono più tra noi e che lui si sente in dovere di realizzare. Una ragazza disabile in prima fila gli parla con parole molto toccanti e lo ringrazia a lungo, lui si emoziona nel risponderle. Un’altra gli chiede se crede in Dio, lui risponde di si. Qualcuno, nel ringraziarlo gli consiglia di concedere un po’ più di tempo a se stesso, prendendosi cura della sua salute, cercando di rilassarsi e riposare. Lui sorride spesso, afferma che se potesse, sarebbe contento di restare ancora in Italia perché molto attratto dal cibo; il tirami su, il cheese cake, ma soprattutto la pasta, della quale ha abusato la sera avanti. Molti sono gli applausi del pubblico, qualche frase di esultazione, tanto calore, perché Yoshiki ovunque vada è sempre molto amato, non solo per la sua indiscussa dote artistica ma anche per la gentilezza ed eleganza con le quali si pone verso gli altri. Ha dichiarato inoltre con grande ovazione dei suoi fan, che alla fine della promozione del film sarà impegnato soltanto alla lavorazione del nuovo album degli X Japan, che dopo molti anni, finalmente vedrà l’uscita a primavera. È superfluo dire che ci siamo tutti augurati di riaverlo a Firenze il prossimo anno magari in un concerto, idea che lui sembra aver apprezzato. Le domande sarebbero ancora tante, ma il tempo a loro disposizione è quasi terminato, pertanto si arriva ai saluti finali. Tutti in piedi, pubblico compreso, il grido e il saluto degli X Japan, sorrisi, le ultime foto e qualche stretta di mano con i fan delle prime file e poi Yoshiki si incammina verso il camerino dove fuori restano ad aspettarlo in diversi, alcuni con omaggi floreali, per qualche autografo e un paio di selfie. Io non rimango, ormai è tardi e penso di aver già avuto un grande onore ad incontrarlo in albergo, pertanto lascio che anche gli altri abbiano la loro soddisfazione. Nel rientro a casa non sento nessuna stanchezza, ogni tensione se n’è andata, è rimasto solo il ricordo di un’esperienza unica, di un incontro che in qualche modo mi ha fatto capire per l’ennesima volta che “il caso” non esiste e che le persone che attraversano la nostra vita, seppur per pochi istanti hanno un ruolo, come forse noi per loro, un’inconsapevole messaggio criptato, a volte serve del tempo per decifrarlo, ma quando ci siamo riusciti, ci accorgiamo che ci è stato utile per comprendere meglio una parte profonda di noi. Naturalmente, resta un segreto. Patrizia Beatini
Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Mirjana Nardelli, Patrizia Beatini, Nicola Candreva, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Francesco Panizzo. |
Intervista
a Valeria Cimò di Roberto Zanata WORMHOLES
Una performance audio-visiva di Roberto Zanata Processing
di Roberto Zanata |
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