Gli acufeni sono un disturbo uditivo: in pratica, l’orecchio percepisce dei suoni inesistenti, “suoni fantasma”.
Recenti ricerche nell’Università dell’Illinois hanno stabilito dove si genera questa sensazione acustica che colpisce 360 milioni persone nel mondo. L’acufene ha origine organica e nasce dalla regione del cervello chiamata precuneo. Questa zona, nella risonanza magnetica, appare modificata, determinando il fatto che questa rimanga sempre in modalità di attenzione senza raggiungere la modalità di riposo - dunque il cervello non è connesso alla rete che lo mette in pausa. Generalmente sono di tipo soggettivo, ossia solamente la persona che ne soffre li percepisce, in quanto nascono dalle vie cerebrali; sono descritti come fischi acuti o gravi, altre volte possono essere variabili e diffusi su più frequenze, simili al cinguettio, alle cicale ecc. Riferimenti letterari Numerosi sono i riferimenti in letteratura sugli acufeni. Il più famoso si trova nelle Confessioni di Jean-Jacques Rousseau, che così racconta la propria esperienza. “Una mattina che non stavo peggio del solito, nel rialzare in piedi un tavolino, avvertii in tutto il mio corpo una repentina e quasi inconcepibile rivoluzione. Non saprei paragonarla meglio che a una specie di tempesta che si levò dal mio sangue e invase in un istante tutte le mie membra. Le mie arterie si misero a pulsare con tale violenza che non solo ne avvertivo il battito, ma persino lo udivo, soprattutto quello della carotide. Un gran rumore alle orecchie si unì all’altro, e questo rumore era triplo o piuttosto quadruplo: ovvero un ronzio grave e sordo, un mormorio più chiaro come di acqua che scorre, un sibilo acutissimo e il battito già descritto, di cui potevo agevolmente contare i colpi senza tastarmi il polso né toccarmi il corpo con le mani. Il rumore interno era tale, che mi tolse la finezza d’udito che possedevo, e mi rese non del tutto sordo ma duro d’orecchio, come sono da allora (...) ripresi la mia vita abituale, con le mie arterie pulsanti e i miei ronzii, che da quel tempo, e cioè da trent’anni, non m’hanno più lasciato un minuto. Ero stato sino allora un grande dormiglione. La totale privazione di sonno che si aggiunse a tutti quei sintomi, e che li ha costantemente accompagnati sin qui, finì per convincermi sull’assillo di guarire. Non potendo prolungare la mia vita, decisi di trarre dal poco che me ne restava il massimo utile possibile; cosa che poteva avvenire grazie a un singolare favore della natura che, in condizioni tanto funeste, mi risparmiava i dolori che sembrava dovessero derivarne. Ero disturbato da quel rumore, ma non ne soffrivo: non era accompagnato da nessun altro fastidio abituale tranne l’insonnia notturna.” Nel romanzo Normance di Louis-Ferdinand Céline: “La mia povera capoccia! […] oltre ai mie rumori personali. […] gli acufeni dei miei tamburi! […] tamburi, le mie orecchie! […] tamburi e lesioni! […] la mia chiocciola microscopica! […] certi rumori di venticinque fanfare che mi sferra! […] oltre al treno, ben inteso! […] mica un treno! […] due, tre, quattro, delle volte! […] che la calma ritorni!” Nell’opera Morte a credito si ha questo riferimento sugli acufeni: “Febbre o no, le orecchie mi ronzan sempre e talmente da non permettermi di afferrar più gran che. È da quand’ho fatto la guerra che son ridotto così.” Riferimenti cinematografici: Nell’ultimo film di Edgar Wright Baby Drive, il protagonista soffre di acufeni e per mascherare il ronzio ascolta musica continuamente. Il poliziotto Constable Graham McGahan del film Noise di Matthew Saville soffre di una grave forma di acufeni. Il suono dentro del regista David Arratibe è un documentario spagnolo, i tre protagonisti, compreso il regista sono affetti da questo disturbo, in studio sono stati riprodotti i suoni ascoltati singolarmente insieme ai suoni reali.Le cause restano ancora sconosciute, ma sono state fatte delle ipotesi, tra cui: trauma acustico, età, infezioni virali, sordità genetiche, disturbo temporo-mandibolare, tossicità farmaci, patologie autoimmuni, stress emotivo o semplicemente sintomo di un’altra patologia. Mirjana Nardelli
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