Si può associare istintivamente un suono a una rappresentazione visuale, e differenti ascoltatori possono avere la stessa tipologia di immagine.
In realtà, un effetto percettivo di fonosimbolismo di questo ordine è stato messo in evidenza da quasi un secolo. In origine, l'effetto "takete-baluba" è stato osservato dallo psicologo tedesco-americano Kohler nel 1929 sull’isola di Tenerife dove la lingua principale è lo spagnolo. Il compito consiste nell’osservare due forme, una angolare e una arrotondata, e ad associare i suoni ottenuti pronunciando le parole "takete" e "baluba" a ciascuna delle forme. Kohler ha dimostrato che si associa spontaneamente il suono "takete" con la forma angolare e il suono "baluba" con la forma arrotondata. Questo effetto multisensoriale rivela una forma di sinestesia primitiva che indica una coerenza nell'associazione di un suono ad una forma visuale. È più probabile che la forma arrotondata sia chiamata “bouba" perché la bocca prende una forma più arrotondata per produrre quel suono, mentre la bocca deve tendersi nel caso di “kiki”. È stato dimostrato che l'effetto, ribattezzato “bouba-kiki" (Fig. 1) in funzione degli stimoli auditivi, è valido per i partecipanti di culture differenti. L’effetto “bouba-kiki” è innanzitutto una corrispondenza non arbitraria. Nel 2001, Vilayanur S., Ramachandran e Edward Hubbard hanno ripreso l'esperienza di Köhler e hanno chiesto a studenti degli Stati Uniti e a studenti di lingua tamil in India quali delle due forme sia “bouba” e quale “kiki” e anche in questo caso la percentuale delle risposte ha confermato le aspettative. L’associazione tra suoni a una forma visuale non sembrano dipendere da un contesto culturale preciso. Maurer, Pathman, e Mondloch nel 2006 hanno dimostrato che l'effetto era valido per i bambini di 3 anni che non sapevano leggere. Non si tratta dunque neanche di un'associazione tra le rappresentazioni visuali di simboli utilizzati per rappresentare i fonemi o la successione di lettere e la loro pronuncia. Al contrario, questi risultati sembrano indicare che i nomi attribuiti agli oggetti non siano arbitrari, e che le associazioni realizzate tra le parole, i suoni e le immagini, sarebbero un fattore dell'evoluzione delle lingue. Le associazioni sensoriali non si limitano ai suoni ed alle immagini visuali ma anche a degli oggetti, per esempio nello studio di Bremner nel 2013, hanno dimostrato che l'effetto "bouba-kiki" era valido per l'acqua frizzante, associata alla forma arrotondata, al contrario dell’acqua naturale. Un studio recente ha dimostrato che i nomi come Molly corrispondono alle forme arrotondate, mentre i nomi come Kate a forme dentellate. Queste corrispondenze di genere sinestetico fanno pensare che l'effetto costituisce il fondamento neurologico del simbolismo fonetico. Peraltro, si rivela che l'effetto "bouba-kiki" non è valido per alcune persone, come quelle che soffrono di disturbi neurologici. Gli individui con autismo non confermano i risultati dell’esperimento associando le parole in modo casuale. Mirjana Nardelli
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