Questo mese proponiamo una discussione con Alberto N.A. Turra a proposito di uno dei suoi ultimi lavori. Azimuth è il frutto discografico di Turbogolfer Duo(s), un progetto di interplay in cui Turra si è interfacciato con ben sei batteristi (da qui la desinenza plurale di duo). Il percorso proposto nell’ambito del disco è strettamente legato a tradizioni spirituali orientali. A loro volta, i riti in questione sono connessi ai punti cardinali simboleggiati dai batteristi: Alberto Pederneschi, Est; Toni Boselli, Ovest; Sergio Quagliarella, Nord; Marco Cavani Sud; Tato Vastola, Zenith; Andrea Rainoldi, Nadir.
Oltre ai brani intitolati con i nomi dei batteristi, in Azimuth è possibile ascoltare interessanti arrangiamenti di brani come Platypus (Ben Allison), Resolution (Coltrane), Fire (Hendrix), Wights Waits For Weights (Steve Coleman), Ederlezi e Atas Atas Amimmi. I richiami alla cultura sciamanica e di stampo orientale sono tanti. Perché hai scelto di creare un lavoro con così tanti legami a culture del genere attenendoti ed esprimendoti mediante i canoni della musica occidentale? La verità è che strada facendo ho scoperto che l’impianto simbolico di quello che stava accadendo aveva delle forti attinenze con pratiche e contenuti provenienti dalle culture citate. Questi riferimenti non sono mai stati costitutivi o in qualche modo premeditati. Se per ‘canoni della musica occidentale’ intendi l’impianto strumentale scelto (chitarra elettrica e batteria) basta fare un giro sul web per scoprire un’immensa quantità di musicisti indiani, africani, giapponesi, turchi, azeri, russi che con lo stesso impianto (o simile) hanno raggiunto risultati strabilianti rispetto alla ricerca di contenuti come (per esempio) la trance estatica o la ciclicità del mandala. Parlando di musica invece ho la netta sensazione che, con tutto quello che è successo nell’ultimo secolo, per un musicista di ricerca o semplicemente curioso, il modo peggiore per affrontare nuovi linguaggi sia quello di fare delle distinzioni (geografiche, di genere, di canoni, di credo): i linguaggi si imparano con lo studio che è rispetto, ma in totale assenza di timore reverenziale o di una preconcetta irraggiungibilità. In questo senso ultimamente penso spesso che se Nina Simone non avesse avuto la formidabile formazione classica dell’infanzia oggi non avremmo quella (sua e soltanto sua) specificità blues. Qual è stata l’esigenza che ti ha spinto a collaborare con sei batteristi? Perché non affidarsi a “una sola figura fidata”, vista anche la complessità ‘concettuale’ che c’è dietro Azimuth? Inizialmente l’esigenza era di fare il punto della situazione: per me suonare in duo (non solo con batteristi) è sempre stato molto naturale. Questo sono i batteristi di cui mi sono innamorato e a cui mi sono legato nel corso degli ultimi vent’anni (dell’area milanese, ovviamente) e per i quali ho voluto fare un’istantanea del lavoro fatto con ognuno fino a quel momento. Questo è il motivo per cui ho intitolato i brani originali con i loro nomi. Ognuno di loro è ‘fidato’ per la specifica musica che creiamo. Molto fidato. La complessità concettuale sta proprio in questo. Si parte in duo ma quando la musica arriva diventa ‘trio’: è un terzo vivo che si palesa, una creatura che prende decisioni, direzioni, ha opinioni e tu le devi ascoltare altrimenti se ne va e ti lascia lì, col tuo amico batterista, in silenzio. Non è complessità concettuale, è animismo e pensiero magico. Sì, ognuno di loro sa esattamente che razza di schizzato sono, sono stati molto comprensivi e pazienti. Va detto che anche loro non è che stiano a postissimo, ecco. Azimuth potrebbe essere definito avanguardistico? Se sì, sotto quali aspetti sono avvenute le sperimentazioni maggiori? Non so, in verità non mi interessa. Mi spiego meglio: si fa una tale confusione con questi termini che a un certo punto non ti ricordi più chi per primo (un giornalista? Il tuo amico? Quel musicista famoso? Tu zia?) aveva detto che la tua musica (o il tuo approccio? La tua ‘attitude’? I tuoi accordi? I tuoi vestiti? Le tue facce? Il tuo timbro?) avrebbe dovuto chiamarsi in quel modo o in quell’altro. Sappiamo tutti cosa sono state storicamente le avanguardie ma pochi sanno cosa sono oggi le avanguardie (grazieadio). Quindi semplicemente non me ne sono occupato e negli anni mi sono trovato a frequentare musicisti e fruitori che definirei curiosi e coraggiosi nei modi e nei risultati della ricerca. Mi interessa questo e spesso lo trovo in luoghi per statuto insospettabili: nei dischi di D’Angelo, nel pop giapponese, in Thundercat, in Jimmy Agren. In un’epoca come quella attuale è impresa ardua parlare con nuovi linguaggi. Ma si può provare a dire qualcosa di nuovo, a modo proprio, utilizzando linguaggi già sperimentati (per non dire “del passato”). Cosa ha da dire Azimuth? Come dicevo credo che sia molto importante distinguere il rispetto dal timore reverenziale: il primo conduce allo studio appassionato, il secondo da nessuna parte (o nel migliore dei casi alla produzione di una fanbase più o meno folta dell’artista temuto e riverito). Per questo avvicinarsi alle sperimentazioni (per esempio) della Mbase, o di Ornette Coleman, come dicevi tu, non porta con sé alcuna controindicazione proprio perché il risultato finale, se il lavoro è fatto ‘bene’ quindi con intelligenza e senso critico, sarà attuale o avanguardistico di per sé. Estenderei l’idea, come accennato prima, alle possibilità strumentali e timbriche: il primo esempio che mi viene in mente è la versione di Bill Frisell del brano di Marvin Gaye Heard it through the grapevine. Quello che Azimuth ha da dire viene detto dalla gente che mi scrive perché, cito, ‘non riesce a togliersi Ederlezi dalla testa’ o dal regista che vuole inserire il brano Andrea Rainoldi nel suo prossimo lavoro oppure, cosa molto più soddisfacente, dal silenzio del pubblico durante i concerti. Ambra Benvenuto
Scrivono in PASSPARnous:
Aldo Pardi, Claudia Landolfi, Enrico Pastore, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Francesco Panizzo. |
Intervista
a Valeria Cimò di Roberto Zanata WORMHOLES
Una performance audio-visiva di Roberto Zanata Processing
di Roberto Zanata |
LE ALTRE SEZIONI di PASSPARnous:
|
Sezione
Revue Cinema diretta da Francesco Panizzo Sezione
Trickster diretta da Alessandro Rizzo Sezione
Reportages diretta da Davide Faraon |
Sezione
Psychodream Review diretta da Enrico Pastore e Francesco Panizzo Sezione
Apparizioni diretta da Francesco Panizzo Sezione
Archivio diretta dalla redazione di PASSPARnous |
Sezione
Musikanten diretta da Roberto Zanata Sezione
Witz diretta da Sara Maddalena Sezione
Eventi diretta dalla redazione di PASSPARnous |
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati