Teoretica sì, teoretica no ..
|
Abbiamo detto scrivere di teatro per l’appunto e non già scrivere un teatro. Un teatro almeno a noi contemporaneo. Il rischio infatti di chi scrive di teatro può comprendere il darsi a un’attività di riscrittura di un antico teatro per esempio, un soggetto però che oggi come oggi non possiamo più percepire come davvero era. Le trasformazioni che una sua odierna interpretazione gli conferirebbe, ci porterebbero a rivalutare le sue sorti in un senso diverso rispetto a quello originale. Già questo è risaputo. Scrivere un nuovo teatro invece non deve essere ne una guerra al vecchio ne un compito obbligato a sviluppare nuovi stilemi.
Può capitare però che partendo all’avanscoperta delle innumerevoli possibilità di praticare un determinato percorso, ci si scopre potenziali decostruttori dei fare teatrali precedenti, nell’ottusa intuizione che ci spinge a realizzare semplicemente quello che sentiamo, facendo del nuovo stile solo il sintomo di una intuizione a priori. Anche questa meccanica è procedimento avvenuto e con accertati risultati.
|
Diversamente accade quando si innestano conseguenze dove si vaglino ipotesi di una lasciva e stucchevole matrice artistica, cioè che ci si areni nelle più prevedibili delle scelte. Traditi da questo disprezzevole moto ci si chiede dunque come fare per produrre o rinnovare manifestazioni di stupore tra il pubblico, sancendo nuove prospettive sul gradimento da parte degli utenti di un accattivante servizio e aumentando il narcisismo tra i fautori del potere.
Anche quella dell’autore è in effetti una beffa ancora non bene assimilata, che fa dei narcisisti del cartellone, la rovina di ogni mise en scene, che sarebbe meglio definire mise en place; a beneficiarne sono sempre i più affamati di gloria che non si sono accorti dell’epoca di liberalizzazioni ora in via di sviluppo presso le politiche mondiali.
Al pranzo dei convitati di pietra della nuova società dello spettacolo nulla finisce avariato anzi, pare che il marciume delle vivande da consumarsi divenga paradossalmente l’unico vero cibo per lo spirito dei commercianti dell’arte. Se ne vedono i risultati alle varie mostre cinematografiche. Passerelle che tentano sempre l’idolatria al divismo, ormai mitologico, delle nuove cere viventi.
|
Statue sempre più ammaestrate da giornalisti, critici e sponsor tutti uguali.
Questi sono i resti che neanche un cieco mancherebbe di scorgere nel panorama attuale. Un panorama la cui resistenza vive dell’impotenza verso cui ci inchiniamo, di non apportare la nostra energia consapevoli dei riflussi delle generazioni e dell’enorme potere di cambiamento che potrebbe il nostro impegno profondere. Alla società dello spettacolo non rimane che l’ammuffimento di chi si spende contribuendo al deperimento della vita .
Questi sono i resti che neanche un cieco mancherebbe di scorgere nel panorama attuale. Un panorama la cui resistenza vive dell’impotenza verso cui ci inchiniamo, di non apportare la nostra energia consapevoli dei riflussi delle generazioni e dell’enorme potere di cambiamento che potrebbe il nostro impegno profondere. Alla società dello spettacolo non rimane che l’ammuffimento di chi si spende contribuendo al deperimento della vita .
Quello che dunque vuole proporre la mia sacra titubanza quanto il mio sviscerato pragmatismo, è un lavoro sull’attore preso da un particolare momento del suo mestiere, un momento che riguarda un atto di esercizio durante il suo lavoro, un punto di partenza da cui sviluppare tutti gli elementi drammaturgici che gli gravitano attorno.
|
Un fare tra quelli ormai tradizionali delle avanguardie passate che già è stato offerto come pratica di un certo tipo di scelte teatrali ma, a quanto sembra, non ancora elaborato a stile nelle sue potenzialità.
|
Francesco Luigi Panizzo
o
|
Psychodream Theater - © 2011 Tutti i
diritti riservati