Sezione Filosofia Alphaville Sezione diretta da Viviana Vacca e Silverio Zanobetti
Rubrica Interventi critici
|
. Per una Ecosofia del futuro
Il tredicesimo numero della rivista PASSPARnous
presenta la “Sezione Ecosofia”.
presenta la “Sezione Ecosofia”.
“Un’esperienza possibile o una possibile verità non equivalgono
a un’esperienza reale o a una reale verità meno la loro realtà, ma hanno,
almeno secondo i loro devoti, qualcosa di divino in sé, un fuoco, uno slancio, una volontà di costruire, un consapevole utopismo, che non si sgomenta della realtà, bensì la tratta come un compito e come un’invenzione.”
(R. Musil, L’uomo senza qualità, Einaudi, Torino 1972)
a un’esperienza reale o a una reale verità meno la loro realtà, ma hanno,
almeno secondo i loro devoti, qualcosa di divino in sé, un fuoco, uno slancio, una volontà di costruire, un consapevole utopismo, che non si sgomenta della realtà, bensì la tratta come un compito e come un’invenzione.”
(R. Musil, L’uomo senza qualità, Einaudi, Torino 1972)
Fissare l’orizzonte, solcare, vuotare, e là fondare, è il
proprio dell’architetto-costruttore. Eppur a fondamento della sacralità dei
suoi atti c’è sempre l’inevitabile setaccio indiziario delle tracce.
Calvino la chiama conoscenza pulviscolare e ne parla riferendosi a Stendhal. È un indugio, uno sguardo insistito che rivela per intorni locali delle direzioni di dignità, l’astanza di un “con-testo”, o insieme di cose diverse che, componendosi e ri-componendosi, s’interrogano.
La cosa che, infatti, a volte sfugge, ai semplici spettatori dei fatti d’arte, è che il poetante non pre-vede, con le correlate presunzioni d’oggettivazione e di dominio che stanno al demiurgo, nel caso specifico, delle architetture che precipitano a terra come prismi. Al contrario, la possibilità stessa di vedere delle architetture, nel gioco paziente tra il luogo e la contrada, è data dall’Architettura come fatto originario che vien prima del fabbricare e dell’erigere.
Calvino la chiama conoscenza pulviscolare e ne parla riferendosi a Stendhal. È un indugio, uno sguardo insistito che rivela per intorni locali delle direzioni di dignità, l’astanza di un “con-testo”, o insieme di cose diverse che, componendosi e ri-componendosi, s’interrogano.
La cosa che, infatti, a volte sfugge, ai semplici spettatori dei fatti d’arte, è che il poetante non pre-vede, con le correlate presunzioni d’oggettivazione e di dominio che stanno al demiurgo, nel caso specifico, delle architetture che precipitano a terra come prismi. Al contrario, la possibilità stessa di vedere delle architetture, nel gioco paziente tra il luogo e la contrada, è data dall’Architettura come fatto originario che vien prima del fabbricare e dell’erigere.
La realtà sempre ci guarda; ma lo sguardo nota quel che in essa riluce solo quando assume il mondo “come un compito e un’invenzione”, ossia se lo propone presente.
Normalmente si è solo dei sonnambuli in uno spazio dato che pur rispecchiando quello reale l’oc- culta. Nella radice stellare della presenza intensa lo spazio reale, convocato, insorge palpabile all’occhio, proprio perché la sua modalità è l’evidenza. |
Il punto di nitidezza ritrovato risveglia sguardi perduti e “commuove”[i]. Notare
qualcosa di presente, per un tempo sufficiente, muove il terreno,
implode l’orizzonte, aduna e trattiene geografie e, a volte,
magnificamente ricostruisce quel resto che s’era sottratto ed era caduto
fuori perché irriducibile.
L’atmosfera d’un luogo, infatti, ineffabile eppure caratteristica, sono svariati elementi minuti e diffusi ad averla infusa in una gravità corografica. Tali choros puntellano le antiche carte del mondo, dette appunto corografiche, laddove lo spazio si modellava in un “raccogliersi delle cose nel loro reciproco appartenersi”, i luoghi, e insieme nello “stare nella libera vastità in cui ogni cosa riposa semplicemente in se stessa”, le contrade. La liminarità, o indicazione terminale di un luogo, non era indicata, perché non percepita, come un fatto perimetrale: il ‘bordo’ di una cosa rispetto a un’altra a essa adiacente, la ‘frontiera’ propria a cose che si fronteggiano o il ‘confine’, ispessimento o segno terzo, normalmente attraversato da sacre soglie, in cui l’interno e il suo esterno sono un tutto solidale.
L’atmosfera d’un luogo, infatti, ineffabile eppure caratteristica, sono svariati elementi minuti e diffusi ad averla infusa in una gravità corografica. Tali choros puntellano le antiche carte del mondo, dette appunto corografiche, laddove lo spazio si modellava in un “raccogliersi delle cose nel loro reciproco appartenersi”, i luoghi, e insieme nello “stare nella libera vastità in cui ogni cosa riposa semplicemente in se stessa”, le contrade. La liminarità, o indicazione terminale di un luogo, non era indicata, perché non percepita, come un fatto perimetrale: il ‘bordo’ di una cosa rispetto a un’altra a essa adiacente, la ‘frontiera’ propria a cose che si fronteggiano o il ‘confine’, ispessimento o segno terzo, normalmente attraversato da sacre soglie, in cui l’interno e il suo esterno sono un tutto solidale.
La liminarità era avvertita come l’effetto di un movimento che andava da un centro di qualità, come una fabbrica illustre ad esempio, fino a una zona estrema in cui il valore di riferi- mento del choros s’era perduto. Lo sguardo si costruiva su delle pratiche di suolo, che sono evenemenziali: incontri con discontinuità, pregnanze, elisioni… ad- dizioni più che figure.
|
E da sempre, “la natura
si sottrae alla veduta d’insieme e alla formalizzazione figurale
immaginaria, è […] una ‘matrice’ in cui è necessario entrare e
camminare”[ii].
Ecco il fluido spazio presentarsi fra i materiali dell’architettura come quello che ha assoluta priorità sugli altri, dotato di proprietà topologiche, figurali, metriche e atmosferico-ambientali, e impropriamente chiamato il “vuoto”, esso non include come un recinto, la linea immaginaria di un insieme matematico, ma, nel separare e tenere a distanza le masse del costruito, è premuto su ogni lato. “L’origine dell’architettura non è la colonna o qualsiasi altro strumento costruttivo che occupa spazio, ma è un circoscritto-aperto che è spazio praticabile, percorribile coi piedi e con la mente, dimensionato perché ci stanno il corpo, i gesti pratici e rituali, le cose dell’uomo”[iii]. “Non si può contenere l’edificio e la strada in se stessi, essi travalicano da tutte le parti, nella strada, nel paesaggio”. “[…] stabilire una città dove palazzi d’acqua rincorrono fiumi di marmo”, recita Come scrivere un romanzo – to keep silent, il libro-oggetto di Gabriele-Aldo Bertozzi, con una profonda intuizione dell’Architettura come esperienza plastica estrema, dello spazio.
Ecco il fluido spazio presentarsi fra i materiali dell’architettura come quello che ha assoluta priorità sugli altri, dotato di proprietà topologiche, figurali, metriche e atmosferico-ambientali, e impropriamente chiamato il “vuoto”, esso non include come un recinto, la linea immaginaria di un insieme matematico, ma, nel separare e tenere a distanza le masse del costruito, è premuto su ogni lato. “L’origine dell’architettura non è la colonna o qualsiasi altro strumento costruttivo che occupa spazio, ma è un circoscritto-aperto che è spazio praticabile, percorribile coi piedi e con la mente, dimensionato perché ci stanno il corpo, i gesti pratici e rituali, le cose dell’uomo”[iii]. “Non si può contenere l’edificio e la strada in se stessi, essi travalicano da tutte le parti, nella strada, nel paesaggio”. “[…] stabilire una città dove palazzi d’acqua rincorrono fiumi di marmo”, recita Come scrivere un romanzo – to keep silent, il libro-oggetto di Gabriele-Aldo Bertozzi, con una profonda intuizione dell’Architettura come esperienza plastica estrema, dello spazio.
Note:
[i] “l’architettura significa commuovere”, tratto da Le Corbusier, Verso una architettura, Longanesi, Milano, 1984. [ii] P. Valery, Eupalino o l’architetto, Biblioteca dell’immagine, Pordenone, 1997. [iii] G. Ottolini, Il linguaggio delle pietre, Guerini Studio, Milano, 1981. [iv] J.J. Gibson, Un approccio ecologico alla percezione visiva, Il Mulino, Bologna, 1999. |
Il mondo, nella nostra condizione prima di incastonatura a esso, non può essere afferrato da un punto di vista fermo, fuori dalla mobilità, arrestato, che prende le cose tutte insieme in un continuo sin- cronico, ossia da una vista fissa, distaccata e fron- tale, come quella che abbiamo davanti a un quadro.
La sua spazialità non è spettacolo dello spazio. Scardinare l’unità di quadro, che a volte informa la figurazione di quelle in- quietanti, disperate, quasi urlate indi- vidualità del costruito, che non conoscono più le misure e non si lasciano portare dall’ordine narrativo verso le ‘finzioni ben fondate’, è compito etico dell’Architettura e del suo eco-pensiero locale, carico di sa- cralità. Natalia Anzalone
(dedicato ai miei maestri
Rosaldo Bonicalzi e Giangiacomo D’Ardia) |
Le Rubriche di Alphaville
|
Interviste e discussioni
Rubrica prevista
per la prossima uscita... |
Interventi
critici
L’invenzione
del paesaggio
l’ago necessitato ‘liberamente’ indica il nord Articolo di Natalia Anzalone Il patto
col serpente Articolo di Marco Bachini |
Conferenze e
tavole rotonde Rubrica prevista
per la prossima uscita... |
Scrivono nella rivista: .
Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faron, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Francesco Panizzo.
©Le immagini di copertina hanno tutti i diritti riservati presso Edizioni Psychodream
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
Questa rivista on-line non rappresenta una testata giornalistica, in quanto viene aggiornata con periodicità e non è commerciale. Non può pertanto considerarsi un prodotto di commercio editoriale, ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.
Click here to edit.
Vuoi entrare nella redazione di Edizioni Psychodream,
o collaborare con Psychodream Theater?
Direttore: Francesco Luigi Panizzo | Francesco.panizzo@gmail.com
Responsabili di redazione: Viviana Vacca | Silverio Zanobetti | Daniel Montigiani | Alessandro Rizzo | Martina Tempestini |
Roberto Zanata | Davide Faraon | Fabio Treppiedi
Per affiliazioni pubblicitarie | Edizionipsychodream@gmail.com
Per collaborazioni e progetti | Psychodreamtheater@gmail.com
Tutti i contenuti di questo sito possono essere utilizzati da altri media e siti internet, giornali o televisioni con la clausola
di esporre a citazione, tramite il seguente link, la Edizioni Psychodream oppure la pagina di riferimento.
Per info: ooooooooooooooooooooooooo
Edizionipsychodream@gmail.com
Psychodreamtheater@gmail.com
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati