Riassume così, sullo spettacolo di Tim Crouch TRUTH’S A DOG MUST TO KENNEL, la Biennale Teatro nel proprio sito. “Re Lear è l’opera di Shakespeare che più urgentemente parla del senso di catastrofe moderna. È un’opera senza Dio con un finale audacemente infelice. Il Matto è un modello di artista in Re Lear e il Matto esce dallo spettacolo prima dell’intervallo. Capisco la loro decisione. Molti artisti se ne sono andati durante la pandemia – e continuano ad andarsene. Molti teatri se ne sono andati. Cosa ci terrà qui? Non la spirale dei prezzi dei biglietti. Non la tecnologia che possiamo ottenere molto meglio altrove. Ma la comunione viva che risponde alle persone presenti nella sala; la testimonianza condivisa; l’immaginazione.”
Non è il Re Lear di Akira Kurosawa suggestionato dal daimyō Mōri Motonari, né tanto meno quello del “teatro sovranazionale” che nel ‘72 esaltava Giorgio Strehler o quello della riduzione cinematografica di matrice Nouvelle Vague di Jean-Luc Godard. L’iper rivisitato, dove non bistrattato, dramma shakespeariano tra i più riproposti nei secoli, è qui dadaisticamente assorbito in nome della performance pura. Un attore su “quattro tavole” che indossa un unico oggetto di scena: un visore vr. Quanto di più minimo e indispensabile per gravitare attorno al concetto di finto e reale, di esaltazione del processo teatrale e la sua funzione. Un altro aspetto concettuale molto pregno in questa 52esima edizione della Biennale teatro di Venezia. Un evento teatrale che parla del teatro, dei limiti vissuti durante e post pandemia, che il settore ha e sta ancora affrontando verso un domani tecnologico impietoso nei confronti della ricerca interiore che quest’arte vorrebbe da millenni continuare a evolvere. Si mette e si toglie il visore vr Tim Crouch (dirà lui stesso che non vede niente lì dentro, che non c’è proprio niente da vedere, che è finto), come a sugellare due momenti ben precisi, quando immagina un pubblico che nella realtà ha davvero davanti ma che ovviamente non può vedere, ma allo stesso tempo indica dei soggetti fra il pubblico indentificandoli teatralmente, anche io compaio fra gli stereotipi scelti e mi addita come “Ecco, lì abbiamo il regista!” e mi indica e appella così varie volte lungo lo spettacolo, chissà se lo sa che lo sono stato davvero? Chissà, ma al di là di questa coincidenza appella “Lo scroccone”, che sarebbe entrato gratis, “Il disabile”, “Quello che ha mangiato troppo prima dello spettacolo” e Crouch, chi è lui? Lui è le fou, il folle di corte dello sciagurato Re Lear, di cui narra il dramma a spezzoni, ma è anche il santo folle del teatro odierno. Ecco come parlare del teatro tutto e della sua situazione attuale, proprio attraverso il celebre dramma del Bardo. Anche l’estetica drammaturgica ha in sé gli opposti chiaro/scuro del tema protagonista di questa mostra, alterna momenti di gran teatro, quello del gran attore da tragedia classica, a momenti quasi conviviali di relazione col pubblico. Vedere spettacoli come questo fa pensare al vero significato della parola stessa di teatro, luogo da cui si vede, e ce lo mette in scena, questo presupposto, guardando dentro al buio di un visore vr, di una visione altra, prendendosi però anche la licenza di “alleggerire” le tensioni confidandosi con il pubblico sull’andamento dello spettacolo, preoccupandosi che sia d’importanza per lo spettatore quanto per lui, all’insegna della buona vecchia stand-up comedy.. Cito da tutte le altre testate divulgative per lo spettacolo: “Un pubblico finto sostituisce un pubblico vero, mentre l’autore racconta quello che vede agli spettatori in sala chiedendo loro uno sforzo di immaginazione collettiva. Non è ancora arrivato l’intervallo quando il Fool, lascia il palcoscenico. Il personaggio se ne va prima che il mondo venga distrutto. Prima che il re venga accecato. Ma la realtà virtuale può aiutare Crouch a cambiare la storia e far riprendere il Fool da dove aveva lasciato. Unico problema, il visore VR che è unico. Come fare allora? Cosa resta del teatro quando l’esperienza visiva non è più condivisa? Forse solo una cosa, l’immaginazione”. È interattivo questo spettacolo, l’autore/attore si rivolge al pubblico per poi continuare in un “solipsismo d’autore” e, per poi ancora, tornare a omaggiarlo della sua presenza, necessaria! Sarà, invece, ancora necessario il tetro per il pubblico. Sì! Categoricamente, ora più che mai! Francesco Panizzo
TRUTH’S A DOG MUST TO KENNEL
Scritto e interpretato da: Tim Crouch Anno/Durata: 2022, 70’ (prima italiana) Coregia: Karl James, Andy Smith Musica, sound design: Pippa Murphy Disegno luci: Laura Hawkins Organizzazione: Brian Ferguson, Adura Onashile Responsabile di produzione: Craig Fleming Produzione: The Royal Lyceum Theatre, Edinburg 52ª edizione Biennale Teatro, Teatro alle Tese, Venezia, 28 giugno 2024 Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Libera Aiello, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Nicola Candreva, Patrizia Beatini, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Davide Palmentiero, Maurizio Oliviero, Caterina Perrone, Nicola Bianchi, Gloria Chesi, Laura Talia, Francesco Panizzo. |
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