LE PANDEMIE SONO (ANCHE) COLPA NOSTRA
Racconto di Carlo Menzinger
Ogni tanto alterno la lettura della narrativa con quella dei saggi e quasi sempre ne sono contento. Mi fa sempre piacere imparare qualcosa, anche in campi che non mi riguardano.
Ho così letto Spillover (2012) di David Quammen (Cincinnati, 24 febbraio 1948), sottotitolo L’evoluzione delle pandemie. Ne avevo letto non ricordo più in quale libro, come di un testo da leggere e, in effetti, l’ho trovato molto interessante anche se ora facciamo finta che il covid-19 (sebbene alzi ogni tanto la testa), sia cosa del passato e quindi leggere di pandemie pare un po’ “fuori tempo”. Il volume fu scritto e pubblicato ben prima del coronavirus ed è uno dei non pochi testi scientifici o divulgativi che ci avvertivano come qualcosa di simile o ben peggiore del covid-19 sarebbe ben presto arrivato, spiegandone l’ineluttabile perché. Motivazioni sempre valide e che sempre più lo saranno finché l’umanità proseguirà nella sua deriva: avremo, io penso, pandemie sempre più gravi e frequenti. Anche per questo è bene leggere libri come questo, perché la catastrofe, come spesso avviene, non è sempre inevitabile, ma si verifica spesso perché, da incoscienti, nulla facciamo per difenderci. |
Nonostante il recente fenomeno infettivo ci abbia abituato al gergo medico più che nel passato, credo che ancora ci siano molte persone che sappiano cosa sia uno spillover o una zoonosi.
Mi permetto, quindi, di rubare le definizioni dal solito Wikipedia: “In epidemiologia il salto di specie, noto anche come spillover (dalla lingua inglese), può verificarsi quando una popolazione animale ad alta prevalenza di patogeni, cosiddetta serbatoio, entra in contatto con una popolazione di una specie differente, e un patogeno saltando di specie viene trasmesso dalla popolazione serbatoio diffondendosi all’interno della nuova popolazione ospite con modalità e sviluppi diversi. Un esempio classico di salto di specie è rappresentato dalle zoonosi.” “Con il termine zoonosi si intende una qualsiasi malattia infettiva che può essere trasmessa dagli animali (escluso l’uomo) all’uomo (se la trasmissione avviene dall’uomo ad altre specie animali, si parla di antroponosi) direttamente (contatto con la pelle, peli, uova, sangue o secrezioni) o indirettamente (tramite altri organismi vettori o ingestione di alimenti infetti)”. Il volume, scritto con stile e volontà divulgative non è un testo per medici, ma opera per tutti, che ripercorre gli effetti, la scoperta e le ricerche relative a numerose infezioni giunte agli uomini dal mondo animale, dall’ebola, all’AIDS, alla SARS, al Nipah, ad altre. Parlando della SARS (un altro coronavirus come il covid-19) evidenzia che se non fosse stata fermata subito sarebbe potuta diventare una grande pandemia con contagio di tipo influenzale. Quel che poi è stato nel 2020 con il suo cugino virale. In queste pagine ho poi trovato conferma a un’idea che mi ero fatto personalmente: quando si riduce la biodiversità scompaiono alcuni predatori e quindi determinate specie si diffondono maggiormente e, se queste sono portatrici di malattie, di conseguenza anche il rischio di zoonosi e spillover aumenta per il genere umano. A volte basta una riduzione di biodiversità locale, come avviene in certi boschetti isolati da strade e città, in cui il numero di specie si riduce. Non occorre avere estinzioni planetarie. La vicinanza a centri abitati favorisce il salto di specie verso l’uomo. Del resto, essendoci meno specie in giro, il virus si trova ad avere poca scelta: chi meglio di noi si può trovare in ogni angolo del pianeta? Quale altro organismo viaggia veloce da un continente all’altro? Quale altra specie si accalca in locali chiusi, a parte i nostri cugini pipistrelli? A leggere queste pagine mi sono anzi fatto l’idea che se veniamo spesso infettati dai chirotteri proprio perché, dal punto di vista di un virus, abbiamo abitudini assai simili. Ho letto con curiosità anche le spiegazioni su perché molte zoonosi ci vengano direttamente o indirettamente dai pipistrelli: sintetizzando, dormono molto vicini tra loro, vivono in enormi comunità di milioni di individui, si spostano per moltissimi chilometri, incontrando e incrociandosi con altre comunità, a differenza degli uccelli (aggiungo io) sono mammiferi e quindi forse più simili a noi, vivono a lungo, anche 25 anni, permettendo al virus di proliferare. Parliamo di umani o di pipistrelli? Credo questo sia un concetto molto importante di cui si parla ancora poco. Il problema della perdita di biodiversità non è solo che finiremo per restare dipendenti da poche specie animali e vegetali e se una qualche pandemia le dovesse sterminare avremmo gravi crisi alimentari, ma anche, appunto, che favorisce lo spillover verso l’uomo. Più specie animali annientiamo, più rischiamo pandemie! Un altro concetto affascinante è che alcuni virus non provocano sintomi perché sono in equilibrio con il proprio ospite in una sorta di microecosistema. Lo scopo del virus non è uccidere l’ospite, ma al contrario trovare il modo per sopravvivere al suo interno più a lungo possibile. Quando, però abbiamo uno spillover, il virus si deve ancora adattare al nuovo organismo infettato, trovare un equilibrio che permetta a entrambi di sopravvivere. Questo provoca malattie e morti. Mutamenti dell’ecosistema provocano spillover. I virus non solo cercano di sopravvivere più a lungo possibile in un ospite ma anche di spostarsi in un altro, di espandersi, come fa sempre ogni forma vivente. La rabbia è un virus con una strategia efficace in quanto si insinua nel cervello della vittima e la induce ad essere aggressiva mordendo altri soggetti che in questo modo si infettano. Viene da pensare ai film sugli zombie. A parte l’assurdità dei morti risorti, in realtà il rischio di una pandemia tipo rabbia in cui la gente impazzisca e vada in giro a mordersi a vicenda è qualcosa di non troppo assurdo. Interessanti anche i raffronti tra il comportamento dei virus e quello umano: l’umanità è come virus che combatte contro il tempo per riuscire a raggiungere un altro pianeta prima di avere ucciso il proprio. Un concetto che viene ben descritto in Se niente importa di Jonathan Safran Foer è che il bombardamento di antibiotici negli allevamenti intensivi, altera la resistenza degli animali a virus e batteri. Infine, è giusto ricordare che il vaiolo fu sradicato perché non era una malattia zoonotica mentre tentativi di debellare altre malattie come la malaria fallirono perché c’erano sempre dei serbatoi animali che non si riuscivano a controllare: le zoonosi sono le malattie più pericolose e insidiose. Sull’importanza delle malattie nello sviluppo della civiltà consiglio lo splendido Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond. Sul comportamento genocida della nostra specie si legga Da animali a dei di Yuval Noah Harari. Carlo Menzinger
Nota:
Scrivono in PASSPARnous:
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