I GIORNI DEL CANCRO
Racconto di Carlo Menzinger
Sandro camminava spedito per Firenze cercando di scansare il passo irregolare dei turisti che camminavano per Via de’ Tornabuoni, osservando le vetrine alla moda o guardandosi intorno per capire come raggiungere qualche località turistica della città.
D’un tratto, si accorse che la gente aveva preso a muoversi in modo inconsulto e ancor più caotico. Tutti sembravano non capire più dove si trovassero. Le parole che udiva non erano né inglesi, né tedesche, né cinesi né di altre lingue conosciute. |
D’un tratto sentì qualcosa montargli dentro, come una presenza aliena ma non era nulla di… materiale. Era più come se qualcosa stesse prendendo il controllo della sua mente e dei suoi pensieri. D’improvviso gli parve di avere memoria di epoche antichissime… preumane. Poi gli parve di percepire il mondo con sensi che non aveva mai avuto. Ebbe visioni-sensazioni di abissi profondissimi nelle profondità della Terra, ribollenti di… vita.
Tutto questo stava aggredendo il suo cervello, come un fiume in piena che esondi allagando ogni cosa e ogni cosa distruggendo. E così fu per i suoi pensieri, per la sua capacità di comprensione. In un baleno la sua mente si svuotò di ogni ricordo e ogni capacità intellettiva. Divenne come un vascello vuoto in balia di colossali onde ribollenti. Lo stesso era avvenuto a tutti coloro che erano vicino a lui, ma non era più in grado di rendersene conto. Sandro era ormai un guscio vuoto, uno zombie vivente. Molto lontano da lì, a Govinia, in un universo divergente, si attivò un allarme: Jacopo Flammer, che abitava a Rifredi, un quartiere periferico di Firenze, e che in quel momento era proprio in centro città, fu subito inviato sul posto per controllare. Si guardò attorno perplesso. La gente nella via non sembrava semplicemente confusa: era inebetita. Era come se una strana malattia mentale li avesse contagiati tutti assieme. Camminavano oscillando di qua e di là, sbattendo l’uno contro l’altro e cambiando direzione ogni istante. Alcuni cadevano a terra e vi restavano continuando a dimenare le gambe come se camminassero. Nel resto del centro storico fiorentino, invece, non pareva esser successo nulla. Jacopo provò a fermare una donna e a interrogarla. «Mi scusi signora, si sente bene? Le serve aiuto?» La donna non parve neppure sentire le sue parole. Il suo sguardo si perdeva nel vuoto. Provò con altri due passanti che si muovevano senza meta ma nessuno reagiva alle sue parole. Le loro menti parevano svuotate. Non sapendo come aiutarli e cos’altro fare, Jacopo si mise in contatto con Ilario Cresci, il suo Capo Unità. Appartatosi in un angolo attivò il collegamento psionico. Jacopo era un telepate ma Ilario Cresci no. Comunicarono dunque mediante la psico-chat del PS che entrambi avevano impiantato in testa. Un apparecchio che rendeva la comunicazione a distanza assai simile alla telepatia. «Jacopo,» lo avvertì Ilario «questo di Firenze non è un caso isolato. Al centro direzionale di Govinia stanno arrivando varie segnalazioni di zone della Terra in cui le persone sembrano aver perso il controllo del proprio cervello.» «Potrebbe quindi trattarsi di una pandemia? Non ho preso alcuna precauzione contro contagi…» «Potrebbe darsi, Jacopo, anche se tutto è avvenuto in luoghi molto distanti tra loro ed è stato troppo istantaneo per essere un contagio ma a Govinia temono sia qualcosa di peggio. Qualcosa che ci riguarda da vicino, che riguarda ciò che da sempre cerchiamo di contrastare: un’invasione da un altro universo.» «Come un’invasione? Non c’erano in giro intelliraptor né altre creature provenienti da differenti linee temporali… pensate forse a un’invasione di… virus da un universo divergente?» «Temo sia presto per dirlo, Jacopo, ma altri Guardiani arrivati sul posto, altrove, prima di te pare abbiano notato che le persone prima di perdere coscienza, parevano come possedute da menti aliene. Era come se queste assorbissero tutta la loro conoscenza e li lasciassero poi prosciugati.» «Gli intelliraptor non si sono mai comportati in questo modo, di solito arrivano con tutti i loro corpi e le loro armi, sono cacciatori, non certo untori. Hanno capacità telepatiche ma la loro violenza la esercitano in modo quanto mai fisico…» «No, Jacopo. Penso che per una volta qui gli intelliraptor non c’entrino. Devi indagare. Forma una squadra e vai in esplorazione.» «Una squadra? D’accordo. Chi posso prendere con me?» Ilario Cresci ci pensò un attimo poi rispose: «Te stesso.» Jacopo guardò storto la sua psico-icona. «Voglio una squadra compatta e affiatata.» spiegò Ilario Cresci. «Temo che questo mistero nasconda un pericolo grave. Non potranno esserci fraintendimenti tra di voi. Vai a reclutare altri te stesso in diverse epoche.» Jacopo annuì con una nuova smorfia, che il suo Capo Unità notò benissimo nella psico-chat, che permetteva loro di vedersi come se fossero stati uno davanti all’altro, ma rispose con un sorriso, salutò e chiuse la connessione. Da quella prima volta in cui si era recato da bambino con suo nonno Erasmo alla Porta d’Isernia dove gli intelliraptor avevano costruito il più vicino varco spazio-temporale, Jacopo aveva fatto il viaggio da Firenze alla città sannita molte decine di volte, al punto che spesso era stato tentato di trasferirsi in Molise per non doversi ogni volta precipitare fino alla Porta. Non si convinceva, però, a lasciare la città in cui era nato quasi quarant’anni prima. Per trovare un altro se stesso ora non avrebbe dovuto solo viaggiare nel tempo, questo gli pareva il meno, ma fare avanti e indietro la strada tra le due città, dato che il posto migliore per cercarsi sarebbe stato proprio il capoluogo toscano. La sua auto elettrica sfrecciò silenziosa, mentre Jacopo continuava a rimuginare su quello strano caso: che cosa aveva trasformato le persone in zombie e perché? E, soprattutto, quelli segnalati erano solo degli episodi isolati o qualcosa di più grave stava accadendo? La grotta che nascondeva l’antica Porta creata dagli intelliraptor per spostarsi da un universo spazio-temporale all’altro era al solito posto, arroccata a mezza costa su una montagnola. Non poteva raggiungerla in auto, per cui la parcheggiò più a valle, tirò fuori dal portabagagli l’hover-scotter portatile, ci salì e fluttuò a mezz’aria lungo il terreno accidentato. La Porta del Tempo non somigliava per nulla al marchingegno inventato da Wells o alla DeLorean di “Ritorno al futuro”: era una grotta piena di stalattiti e stalagmiti, che in realtà erano leve, mediante le quali impostare l’universo in cui si voleva andare. Era il 30 Giugno 2035 e Jacopo compiva proprio quel giorno 38 anni. Lo chiameremo quindi Jacopo38. Aveva deciso di reclutare altri sé più giovani: la squadra voleva dirigerla lui. Non credeva nei segni zodiacali, ma in questo lo si poteva definire proprio un Cancro: gli pareva che il mondo fosse pieno di pericoli e che solo fidandosi di chi gli era più vicino potesse affrontarli e chi, in tutti gli universi divergenti, lo era se non se stesso? Quella sarebbe stata un’ottima squadra, ne era certo. Nessun imprevisto li avrebbe colti impreparati. Regolò i comandi sul 2025. Non quello del proprio passato ma quello di un universo divergente. Jacopo38 non aveva, infatti, memoria di alcuna visita da parte di un se stesso più vecchio nel 2025 perché questa visita non la stava facendo nel proprio passato ma in quello di un Jacopo alternativo. I famosi paradossi della letteratura fantascientifica su viaggiatori che uccidono i propri antenati scomparendo quindi dal futuro e diventando quindi incapaci di viaggiare nel passato provocando quella morte non avevano alcun senso! Tutto restava possibile, essendoci infiniti universi divergenti. Il gatto di Schrödinger era sempre vivo e, nel contempo, morto. La fisica quantistica non si sbagliava. Jacopo38 supponeva di avere buone probabilità di trovare Jacopo28 a Firenze, nella casa che aveva preso anche lui a Rifredi, non lontano da quella dei propri genitori. Ebbe fortuna. Jacopo38 aveva ancora le chiavi di casa del proprio universo e probabilmente avrebbero funzionato nella serratura, ma non voleva essere troppo invasivo, neanche con… se stesso. Suonò al videocitofono. In quell’epoca ancora si usavano. Vide nel piccolo schermo accanto alla porta il proprio volto più giovane di 10 anni e, sebbene la qualità di quell’apparecchio non fosse eccelsa, Jacopo28, dall’altra parte, comprese con chi aveva a che fare. «Salve, sei… sono… ehm» balbettò «sei un altro me stesso venuto dal futuro?» «Sì, Jacopo. C’è un’emergenza. Posso salire?» «Ok, certo, Sali pure… Jacopo.» rispose Jacopo28. Appena in casa, Jacopo38 gli spiegò il problema e la missione. «Chi altro recluteremo?» chiese Jacopo28. «Penso che in tre potremo cavarcela. Andrei a prendere un altro… di noi… nel 2015, che ne dici?» Fecero così. Jacopo18 viveva ancora con i genitori, che i tre ritennero opportuno non informare. Lo fecero scendere in strada e si misero a parlare nel Giardino del Poggetto. Il ragazzo continuava a fissare i suoi doppi venuti dal futuro. «Che c’è?» chiese dopo un po’ Jacopo38. «È la prima volta che mi vedo da vecchio! Non pensavo che sarei diventato come voi.» «Vecchio! Bada a come parli, ragazzino, porta un po’ di rispetto ai tuoi te più anziani! Io ho solo 38 anni, come fai a definirmi vecchio, marmocchio?» «Cavolo, ma guardatevi! In dieci e vent’anni siete diventati davvero diversi da me!» «Diversamente giovani, vorresti insinuare? Va be’. Lasciamo stare. Ora mettiamoci al lavoro.» Tagliò corto Jacopo38. «I fenomeni si sono verificati nel mio universo divergente nel 2035. Penso che il modo più rapido per scoprire la gravità della cosa, sia andare avanti nel tempo e vedere gli effetti di questa epidemia o invasione che sia.» «Certo che dover tornare ogni volta a Isernia per cambiare epoca è un bello strazio.» commentò più tardi Jacopo18 mentre viaggiavano sulla sua auto ibrida. «A chi lo dici!» borbottarono in coro i suoi alter ego più anziani. Questa volta la Porta del Tempo si aprì nell’universo divergente di Jacopo38 nel 2037. Avevano scelto la data a caso, solo perché sarebbe stato l’anno in cui avrebbero compiuto tutti e tre quarant’anni, il 30 giugno. «Buon compleanni vecchiacci!» disse Jacopo18. «Vi rendete che siamo nei giorni del Cancro e che questa alterazione che stiamo combattendo pare proprio una sorta di cancro temporale?» «Non vedo la connessione.» commentò gelido Jacopo38. Jacopo18, deluso, rispose con una smorfia. Senza perder tempo a tornare a Firenze, vollero andare a vedere come stessero le cose a Isernia a distanza di due anni dalla crisi del 2035. La città era desolantemente deserta. Si sarebbe detta abbandonata da mesi se non fosse stato per alcuni cadaveri ormai decomposti, che non potevano essere morti da più di qualche settimana. Se ce ne erano stati altri, gli animali dovevano averli fatti a pezzi da tempo. I tre Jacopo si guardavano sbigottiti a vicenda. Le cose sembravano essere andate ben peggio di quanto si sarebbero aspettati. O c’era stato un altro focolaio a Isernia oppure il fenomeno si era allargato a dismisura. Provarono a mettersi in contatto con qualcuno lì e anche in altre città, ma ovunque pareva regnare un deserto post-apocalittico. In quella città morta udirono però, all’improvviso dei passi, pesanti, ticchettanti, inumani. Qualcosa che albergava nella memoria di tutti e tre e che parve loro di riconoscere. Si guardarono l’un l’altro con raccapriccio. «Possibile che…» sussurrò Jacopo18. Gli altri due annuirono con una smorfia. Si acquattarono in un androne aperto, nascosti, in attesa che la fonte di quei passi facesse la sua comparsa. La grossa sagoma, eretta su due possenti zampe, muoveva lenta una grande coda. Dalle fauci semiaperte emergevano aguzzi denti da predatore. I corti arti superiori reggevano un’arma aliena ben nota ai Guardiani dell’Ucronia: davanti a loro c’era un intelliraptor. Feroce e mostruoso come i suoi antenati preistorici, i velociraptor, ma enormemente più letale grazie alla sua tecnologia e ai suoi poteri psichici. «Dunque dietro a tutto ciò ci sono ancora loro…» sussurrò Jacopo18. Jacopo38 fece cenno di no con la testa e gli intimò di tacere ponendo l’indice sulle labbra. Una voce irruppe nelle loro teste. Non parlava alcuna lingua terrestre ma un linguaggio mentale che Jacopo Flammer aveva imparato a riconoscere fin da bambino. “So che siete qui. Sento menti umane. Sento dei telepati. So che potete comprendermi.” Era il senso del suo messaggio. I tre Jacopo non risposero, cercando di non pensare neppure, per non farsi individuare. Non avevano armi con loro e l’intelliraptor se li avesse aggrediti avrebbe potuto avere facilmente la meglio. Non correva buon sangue con gli umani, men che meno con i Guardiani dell’Ucronia. “Vengo in pace.” Aggiunse l’immane lucertola zannuta. “Ora abbiamo un nemico comune. Govinia deve aiutarci o saremo tutti sconfitti. Avete udito la voce del popolo dell’abisso. Lo so. Vi sento. Vi troverò. Non temete, però. Siamo amici. Dobbiamo essere amici.” Gli Jacopo non avevano mai sentito un intelliraptor esprimersi così. Non erano creature subdole e mentitrici. In questo gli umani erano assai peggio. Gli intelliraptor erano violenti e crudeli ma diretti. Non nascondevano le loro intenzioni. Non mentivano. Forse non ne erano neppure capaci. Eppure mai un intelliraptor aveva parlato di pace e amicizia con un umano. Qualcosa di straordinario ed eccezionale stava accadendo. I tre Jacopo non potevano consultarsi tra loro neppure telepaticamente, senza correre il rischio di essere individuati. Si fissarono per un istante poi Jacopo38 decise di rischiare e rivelarsi: “Sono Jacopo Flammer. Vi conosco. Troppe volte i tuoi simili hanno cercato di uccidermi. Perché ora dovrei fidarmi di te?” fu il pensiero che lanciò verso la creatura. “Perché gli esseri magmatici che vivono nel profondo della Terra considerano le nostre due specie dei cancri da estirpare, che creano più danni che vantaggi ai propri mondi. Hanno la forza e il potere per farlo. In questo universo stanno portando l’umanità all’estinzione e fanno lo stesso nel mio con noi intelliraptor. Abbiamo un nemico comune e da soli non possiamo affrontarlo”. “Hanno ragione nel pensare che siete un cancro e forse lo stesso è vero anche per l’uomo.” rispose Jacopo28. “Potremo migliorare. Potremo imparare a non distruggere i nostri mondi, ma solo se non ci estingueremo prima. Non possono essere loro a decidere per noi.” “Se sono così potenti, che cosa possiamo fare?” chiese Jacopo38. “Dobbiamo convincerli a risparmiarci. A noi non danno retta, ma voi umani avete ancora delle possibilità. Ho scoperto una parte di loro che crede in voi. Se promettete di aiutarci, di salvare anche gli intelliraptor, vi metterò in contatto con chi potrà aiutarvi. Quando tutto sarà finito potremo tornare a essere… nemici come prima”. “Va bene. Tregua sia. Come possiamo metterci in contatto con questi possibili alleati?”. Dopo che l’intelliraptor ebbe risposto illustrando il suo piano e il suo accordo, si allontanò. I tre umani congegnarono allora un semplice piano di battaglia. «Torniamo al momento in cui questa cosa è cominciata.» suggerì poi Jacopo28. «Dovremmo cercare di trovarci sul posto quando si è verificata». «Non possiamo farci trovare in via de’ Tornabuoni quando tutti inebetiscono: faremmo la loro stessa fine» osservò Jacopo38. «Non hai detto che nelle vie vicine non è successo nulla e che in altre zone dei Guardiani hanno visto le persone impazzire prima che rincitrullissero? Dovremmo fare come loro: arrivare un attimo dopo che le persone sono state infettate.» propose Jacopo18. Fecero così. Le Porte del Tempo non permettevano di sincronizzarsi al minuto con il momento in cui si voleva andare. Si aprivano solo in alcune date, per quanto numerose. Giunsero quindi in anticipo. Mentre aspettavano, approfittarono della reciproca compagnia per scambiarsi ricordi e impressioni. La memoria del passato negli Jacopo più giovani era molto più vivida e Jacopo38 li ascoltava con piacere, rinverdendo i ricordi di gioventù, mentre gli altri due erano curiosi di conoscere cose di loro possibili futuri anche se sapevano che probabilmente, specie ora che le conoscevano, le avrebbero vissute diversamente. «È bello poter rivelare liberamente il futuro senza aver paura di creare paradossi come in tanti libri di fantascienza» osservò Jacopo28. «Ogni volta che ne leggo, mi sembrano così assurdi.» «Non lo sono così tanto.» rispose Jacopo38. «Immagina per esempio che io ora riveli a Jacopo18 come realizzare un impianto PS per la comunicazione telepatica che nella sua epoca non esiste e lui sfruttasse l’idea: potrebbe diventare ricco!» «Allora insegnami!» interruppe Jacopo18. «Non saprei proprio spiegarti come funziona, ma potrei procurarmi le istruzioni nel futuro e riportartele o potresti venire tu stesso a prenderle. Però il tuo vecchio se, resterebbe sempre uguale: avresti creato un universo divergente alternativo in cui c’è un altro Jacopo Flammer trasformato in un ricco industriale. Di sicuro, però ne esiste già uno simile in uno degli infiniti universi. Insomma, alterare il passato non è un problema perché di sicuro qualcun altro (anche versioni diverse di noi) l’ha già alterato. Ciò di cui ci dobbiamo davvero preoccupare è preservare il nostro presente e il futuro dell’universo in cui viviamo. Ogni universo è importante.» Su una cosa Jacopo28 e Jacopo38 erano d’accordo mentre Jacopo18 ancora mostrava un grande entusiasmo giovanile: viaggiare nel tempo per mestiere era davvero faticoso e troppo spesso diventava una vera routine, soprattutto senza delle macchine del tempo che si potessero attivare dove e quando si voleva, dovendo sottostare alla rigidità delle Porte e alla loro scarsità. Era un po’ come prendere un aereo abitando in un piccolo paese lontano dall’aeroporto: il viaggio per raggiungerlo poteva essere più impegnativo del volo transoceanico. Ben pochi, del resto, avevano cominciato a viaggiare da bambini come loro e persino Jacopo18 si poteva considerare un veterano rispetto a molti colleghi, con nove anni di spostamenti alle spalle. Anche per questo al comando centrale di Govinia avevano scelto loro per indagare. «Pensate che anche altri Guardiani siano sul caso?» chiese Jacopo18. «Come potrebbe essere altrimenti,» rispose Jacopo28 «ci sono infiniti universi e il problema si sarà certo verificato in un numero infinito di essi. Di certo infinite squadre stanno indagando e un numero infinito di queste è composto da tre Jacopo Flammer di tre diverse età. Altre magari saranno composte da due, cinque o dieci di noi. In altri universi noi non siamo neppure dei Guardiani. Tutto è possibile, lo sappiamo.» «Potremmo allora lasciare che le altre infinite squadre risolvano il problema…» rispose Jacopo18. Jacopo38 lo guardò con un sorriso. «Si vede che sei ancora giovane: ancora non hai capito che se non sistemiamo il problema in questo universo, qui non ci sarà un futuro per noi?» «Nel tuo universo, magari non nei nostri due…» rimbeccò scherzoso Jacopo28, dandogli una gomitata. «Ma va a cagare! E dove sarebbe la tua solidarietà tra Jacopi? E poi magari la cosa succederà anche nei vostri futuri e, assieme, potremmo fermarla.» Tutti e tre si sistemarono gli occhiali dalle lenti tonde sul naso spingendoli dal centro con il dito indice. Si fissarono e scoppiarono a ridere per il gesto comune. A volte era davvero strano trovarsi a tu per tu con se stessi. Jacopo38 li ospitò per quei due giorni a casa sua. Quando fu di nuovo la mattina del 30 Giugno 2035, ritrovandosi in cucina Jacopo18 fece gli auguri a Jacopo38. «Grazie, ma non so se sia giusto che io festeggi di nuovo questo compleanno: 38 anni li avevo già fatti qualche giorno fa.» «Già. Ma ogni occasione è buona per festeggiare, soprattutto quando lo si può fare con… se stessi.» Risero senza capire neppure bene perché. Forse solo perché erano contenti di stare assieme. Si affacciò anche Jacopo28 con aria interrogativa: «Fate ridere anche me?» disse. Gli risposero entrambi con la stessa alzata di spalle e la stessa smorfia. Bastò questo a farli ridere di nuovo tutti e tre. Si appostarono in Piazza della Repubblica e appena fu il momento in cui la gente impazzì in via de’ Tornabuoni, raggiunsero la strada. Lo spettacolo era ben diverso da quello che aveva visto la volta prima Jacopo38, che era arrivato solo dopo, nella seconda fase. Nessuno si muoveva come zombie ma tutti parevano posseduti. Parlavano lingue incomprensibili che parevano farneticazioni. «Ponte telepatico» ordinò Jacopo38. «Che cosa?» chiese Jacopo18. «Colleghiamo le nostre menti, questo aumenterà i nostri poteri psionici e concentriamoci sulla mente di quella donna. Cerchiamo di capire che cosa succede nella sua testa.» Gli altri due annuirono. Non lo avevano mai fatto ma capivano di poterlo fare. Ci riuscirono all’istante. Le loro menti parvero fondersi. Si concentrarono sulla donna che si dimenava e blaterava parole senza senso. Si sentirono come risucchiati a distanze… abissali. Sì! L’abisso! Qualcosa era entrato nella mente della donna. Un altro potere psionico che veniva da molto lontano, di grandissima potenza. Da dove veniva? Cercarono di capirlo. «Non può essere…» borbottò Jacopo38. Si fissarono increduli. Un’entità mentale stava controllando quella gente ma non aveva nulla di umano. Nulla di terrestre. Jacopo era entrato in contatto telepatico con altre creature terrestri come orsi, suricati e intelliraptor ma nessuna di queste creature avevano l’impronta mentale dell’essere che stava sconvolgendo la mente delle persone e il suo flusso psichico non veniva dalla superficie della Terra ma neppure dallo spazio: veniva dalle profondità abissali del pianeta, dal suo cuore incandescente. Non era un essere fatto di carne, ma una creatura minerale, fatta di magma ribollente! Anzi, non era neppure una creatura singola, ma un’intera comunità di esseri di quelle che parevano come miriadi di specie differenti. Percepirono una volontà di morte e distruzione. Odio? Non era propriamente odio, ma quegli esseri ctoni parevano provare verso l’umanità un desiderio di annientamento. «Mi sento come uno scarafaggio, davanti a una persona disgustata che mi voglia schiacciare.» osservò Jacopo18. «Aveva ragione l’intelliraptor.» «Ci considerano un cancro, una malattia che sta distruggendo il pianeta. Stanno cercando di curarlo, eliminandoci.» aggiunse Jacopo28. «C’è un intero mondo nelle profondità della Terra» intuì Jacopo38. «Come sulla superficie ci sono milioni di forme di vita diverse, di specie diverse, così anche tra loro, ma moltissime sono di grande intelligenza. Alcune credono che l’umanità possa redimersi e raggiungere le stelle per portare la Vita nella Galassia, altre credono che porteremo solo morte e distruzione… per questo vogliono annientarci. Anche in questo l’intelliraptor non ha mentito. Ora dobbiamo entrare in contatto con la parte buona di loro di cui parlava e farci aiutare.» «Basta, scolleghiamoci. Tutto questo è troppo per me. Mi scoppia la testa.» si lamentò Jacopo18. La tensione era forte per tutti loro e mollarono la presa psichica. Un attimo dopo la gente nella via passò allo stato catatonico. «Posso capire che siano tutti inebetiti, dopo una simile scarica di volontà distruttrice in testa!» commentò Jacopo28. «Sono inebetiti, perché è quello che il popolo dell’abisso vuole. Hanno un enorme potere telepatico e lo usano per il loro scopo: liberare la Terra dall’umanità per permettere ad altre creature di evolvere e prendere il nostro posto.» spiegò Jacopo38. «Ci sono già tanti universi in cui è proprio così. Perché modificare anche il nostro?» chiese Jacopo18. «Può essere che non sappiano che il loro è solo uno dei tanti universi possibili. La maggior parte delle civiltà che abbiamo incontrato lo ignora. Persino l’umanità del nostro tempo, Guardiani dell’Ucronia a parte, crede ancora in un tempo lineare e in un solo universo!» rispose Jacopo38. «Già, e che la Terra è piatta e le stelle luci infisse in una volta…» ironizzò Jacopo18. «È una visione che rende tutti meno sereni, purtroppo. Se uno sa che fare o non fare qualcosa non cambia nulla nell’economia generale dei mondi, finisce per essere molto più rilassato, no?» disse Jacopo28. «Sì, non è come avere la certezza di un Destino immutabile, ma ti fa sentire piuttosto irresponsabile, fino a quando non comprendi che comunque le sorti anche di un solo universo non sono per nulla poca cosa, no? Ora dobbiamo entrare in contatto con le creature ctonie che ci sono amiche. Ve la sentite di ricreare un ponte psichico? Credo che solo se saremo tutti e tre uniti potremo riuscire a collegarci telepaticamente.» disse Jacopo38. Gli altri dissero di essere pronti e le loro menti congiunte presero a scandagliare le profondità psichiche del pianeta. Incontrarono subito le forze magmatiche ostili che cercarono di fare scudo per non lasciar penetrare il loro flusso psichico. Provarono a ridurre l’energia mentale, per distrarre quella barriera e poi la intensificarono in un’altra direzione. Penetrarono più in profondità prima di essere di nuovo bloccati. Provarono così decine di volte poi… finalmente… ecco… ecco… come una mano psichica venne verso di loro, ad afferrarli, a portali via con sé. Era benevola. Lo sentivano. Si sentirono come avvolti in un caldo flusso onirico che li trascinò nelle profondità magmatiche del mondo. Ecco… una voce parlò loro. “Secoli fa ci avete chiamato Koinonia, siamo una parte del popolo sotterraneo che crede nell’uomo. Siamo stati noi a guidarvi attraverso i secoli. Eravamo noi ad apparirvi come divinità, santi, voci, alieni. Eravamo noi a guidare i vostri sogni. Siamo noi a cercare di condurvi verso le stelle. Crediamo che l’uomo non sia così sciocco e insensato come pensa il resto delle creature che vivono nelle profondità della Terra. Crediamo che riuscirete a non distruggere il nostro pianeta. Avete solo bisogno di un aiuto, di una guida. La nostra guida. Dovete porre fine alla devastazione, alla deforestazione, alla desertificazione, allo sterminio delle altre specie, all’inquinamento… Vi abbiamo dato la tecnologia per raggiungere le stelle, per portare la Vita su altri mondi, per portare la nostra cultura nello spazio. Noi e voi siamo una cosa sola. Siamo la vostra anima, la vostra cultura. Crediamo in voi ma dovete dimostrarlo anche agli altri esseri dell’abisso. Il loro potere è enorme e senza il loro appoggio, non potrete sopravvivere. Sono millenni che cerchiamo di portarli dalla vostra parte, ma dovete dimostrare di essere degni del loro sostegno.” I tre Jacopo ascoltarono quelle parole non dette con sbigottimento ma ne compresero appieno il senso. “Aiutateci allora” risposero “Non lasciateci che gli altri ci sterminino e ci facciano estinguere”. “Lo faremo. Lo faremo. Avremo però bisogno del vostro aiuto. Dell’intera umanità, che deve dimostrare di non essere così distruttrice. E dei Guardiani dell’Ucronia che dovranno lottare per preservare gli universi dalla distruzione, come hanno sempre fatto.” “A proposito dei Guardiani: noi da tempo lottiamo contro gli intelliraptor che per la loro mania della caccia devastano ogni universo temporale in cui entrano, ma ora ci hanno aiutato e chiedono di essere salvati…” “Non crediamo in loro. Sono creature incapaci di empatia verso il creato. Giustamente li combattete, ma avete ragione: nessuna creatura deve essere sterminata. Dovremo insegnare anche a loro a essere migliori. Cercheremo di salvarli.” “Come potremo fermare tutto questo, ormai la distruzione è avviata?” Quella che gli Jacopo udirono in risposta fu quasi una risata. “Non siete viaggiatori del tempo? Tutto è possibile. Anche noi possiamo tornare indietro. Lo faremo e muteremo ciò che va mutato. Voi, però, viaggiate, Guardiani di Govinia, viaggiate nelle ere. Istruite i vostri simili. Mostrate loro come convivere con le altre specie, come rispettare il pianeta che avete la fortuna di abitare. Viaggiate nel tempo e trovate un modo per convivere persino con gli intelliraptor. Aiutate l’umanità a costruirsi un futuro migliore. Se non lo farete, se l’umanità non lo farà, non avrete alcun futuro.” Ancora una volta Jacopo Flammer comprese la grande responsabilità che gravava sulle sue spalle, sulle loro spalle di Guardiani e di uomini. Carlo Menzinger
Nota:
Jacopo Flammer è un personaggio che compare, con gli intelliraptor, nei due romanzi Jacopo Flammer e il Popolo delle Amigdale (Liberodiscrivere, 2010) e Jacopo Flammer nella terra dei suricati (Lulu, 2013) nonché in vari racconti. La Koinonia e gli esseri magmatici sono presenti nel romanzo Psicosfera (Tabula fati, 2022) scritto da Carlo Menzinger con Massimo Acciai Baggiani e in molti racconti di vari autori, alcuni dei quali raccolti nell’antologia Psicomondo (Tabula fati, 2024) da loro curata.
Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Aldo Pardi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Marco Maurizi, Gianluca De Fazio, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Nicola Candreva, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Maurizio Oliviero, Francis kay, Bruna Monaco, Laureano Lopez Martinez, Nicola Bianchi, Caterina Perrone, Gloria Chesi, Laura Talia, Francesco Panizzo. |
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