Todd Haynes:
avanguardia, generi e mainstream Articolo di Laura Talia
Sempre più spesso, in merito alla difficile situazione dell’industria cinematografica si sentono affermazioni relative al fatto che le sale, a parte lo sparuto pubblico di appassionati (a cui io fieramente appartengo), in futuro si riempiranno solo in occasioni di uscite a grosso budget mentre le piccole produzioni finiranno per sparire dal circuito e saranno relegate a una esclusiva visione in rete. Per quanto sia positivissimo vedere code all’ingresso dei cinema per film di cassetta lancio una provocazione: e se fosse proprio il cinema d’autore, piccolo e indipendente a salvare l’industria cinematografica? Da sempre il cinema indipendente apre nuove strade, affronta opere rischiose che non garantiscono incassi sicuri, dà spazio a visioni alternative sociali e politiche creando situazioni più reali e ambigue, innovando la forma; questo cinema non deve rimanere di “nicchia” ma prevalere. A questo proposito propongo una breve biografia del regista americano Todd Haynes non molto conosciuto al grande pubblico e mai campione di incassi ma con una filmografia che non può passare inosservata. Haynes si colloca nella più ampia e difficile definizione di cinema indipendente, è un autore colto e innovativo che ha caratterizzato la sua carriera con personaggi scomodi e complessi in conflitto con la società dominante, realizzando opere che vanno dall’avanguardia più radicale ai confini del mainstream. |
La prima esperienza cinematografica di Todd Haynes è del 1978, durante gli anni del liceo gira un cortometraggio di 23 minuti intitolato The Suicide insieme al compagno di scuola Joel Berkovitz; nel 1985 gira con Barry Ellsworth il suo primo corto professionale in 16 mm Assassins: A Film Concerning Rimbaud basato sul libro di Henry Miller The Time of The Assassins del 1946. Nel 1987 insieme a Cynthia Schneider decide di sperimentare l’incidenza della forma sulla risposta emotiva dello spettatore, una sfida ardua in cui bambole Barbie e scenari di cartone fanno venir meno il realismo convenzionale della storia; questo cortometraggio Superstar: The Karen Carpenter Story rappresenta anche il primo biopic su una star musicale di Haynes e delinea da subito la tendenza a una produzione che oscilla tra avanguardia e cultura popolare.
È del 1991 il suo primo lungometraggio Poison suddiviso in tre episodi Horror – Hero – Homo, tre storie, tre generi, tre stili diversi che veicolano un concetto comune ma arrivano allo spettatore con una struttura molto complessa infatti sono frammentati in segmenti e montati in contrapposizione tra loro; sono tre storie di esclusione. Questo lungometraggio è, insieme ad altre pellicole a basso costo come Swoon di Tom Kalin e The Living End di Gregg Araki, uno dei film che contribuiscono alla nascita del New Queer Cinema[1].
Haynes utilizza questa struttura infrangendola sistematicamente realizzando un’opera tutt’altro che convenzionale e dimostra che la metafora è il modo migliore per parlare di Aids. Velvet Goldmine (1998) e I’m not There (2007) sono due pellicole che hanno per soggetti due delle massime icone della cultura popolare, rispettivamente David Bowie e Bob Dylan, questi biopic hanno una “confezione” molto mainstream (anche a livello pubblicitario fanno molta leva sullo Star System), rispetto a quella d’avanguardia utilizzata per Superstar, ma rimangono a livello strutturale di statuto narrativo molto complessi.
A questo punto accennerò brevemente al percorso di Todd Haynes nel genere melodramma con tre opere che hanno un legame profondo col cinema del passato: Far From Heaven (2002) è ispirato a All That Heaven Allows (1955) di Douglas Sirk, Haynes utilizza questa struttura lineare e codificata consapevole che i tabù dell’America degli Anni Cinquanta sono ancora gli stessi e mette in evidenza come spesso le persone siano imprigionate in ruoli voluti dalla società a tal punto da rinunciare a sé stessi. Mildred Pierce (2011) è una miniserie TV realizzata per la HBO basata sul romanzo di James M. Cain del 1941 ambientato negli anni immediatamente successivi alla crisi del 1929. La caratteristica principale di quest’opera è la fedeltà al testo di Cain mentre nel precedente adattamento del 1945 ad opera di Michael Curtiz si era scelto di dare un’impronta noir e i personaggi erano stati definiti più schematicamente in buoni e cattivi. Arriviamo a Carol (2015) la prima, e per ora unica, storia d’amore realizzata da Haynes tratta dal romanzo The Price of Salt di Patricia Highsmith pubblicato nel 1952. Con questo film il regista rende omaggio a Brief Encounter (1945) di David Lean utilizzando la medesima struttura, la ringkomposition (composizione ad anello) dove l’inizio si ricongiunge al finale con la chiusura del cerchio dove il pubblico comprende il significato e il peso di ogni parola e gesto precedenti. Le ultime opere del regista sono Wonderstruck (2017) tratto dal romanzo omonimo (del 2011) di Brian Selznick con cui si cimenta col cinema per ragazzi con una storia di amicizia, sofferenza e diversità. Dark Waters (2019) film di denuncia che si inserisce nella tradizione del dramma legale, è il racconto di un’estenuante battaglia dell’avvocato Robert Bilott contro una multinazionale chimica che da anni inquina l’ambiente in nome del profitto.
Al festival di Cannes 2021 Haynes presenta The Velvet Underground un documentario sulla storica band che ha rivoluzionato il mondo con un nuovo sound; ancora una volta il binomio cinema sperimentale/musica per Haynes. Attualmente è in lavorazione May December che dovrebbe uscire nelle sale probabilmente il prossimo anno, racconta la storia di un’attrice hollywoodiana impegnata a dover studiare la vera donna che dovrà interpretare al cinema. La maggior libertà creativa offerta dal cinema indipendente permette un ripensamento critico, estetico e di costruzione narrativa. L’opposizione alla riproposizione di formule di successo e a certe prassi consolidate non può che avvicinare il pubblico dando nuova linfa al settore. Nel frattempo, mi raccomando, volate al cinema. SEMPRE. Laura Talia
Note:
[1] Definizione coniata in un articolo da B. Ruby Rich che individua il 1992 come l’anno in cui si ha una presenza massiccia di film a tema gay e lesbico. Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Libera Aiello, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Nicola Candreva, Patrizia Beatini, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Davide Palmentiero, Maurizio Oliviero, Francis Kay, Laureano Lopez Martinez, Nicola Bianchi, Gloria Chesi, Laura Talia, Francesco Panizzo. |
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